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di Francesco Caracciolo
Presentazione
I versi che seguono sono nati con Vanessa, gozzo stintinese a vela latina con cui ho cominciato ad andare per mare. Le ore sin qui trascorse con lei a bordo, sono state come pillole ricostituenti dello spirito.
Ho raccolto sotto un titolo marinaresco queste cantilene interiori trasferendole in paginette di modesta veste tipografica perché non vadano disperse come foglie di autunno.
A mia moglie Giannina
Cagliari, 4.12.2001
A zio Gino Carmelita
A te, carissimo zio Gino che sul finire del millennio festeggi coi parenti un novantennio rivolgo il mio augurio genuino.
Qui, tra noi, oggi rappresenti un secolo vissuto alacremente; quanti ricordi conservi nella mente; per ognuno, chissà, cosa tu senti.
Che la tua vita superi i cent’anni con lo spirito alto e mente viva festeggiando altri compleanni.
Che tu possa diventare trisnonno guidando ancor la tua locomotiva prima che ti avvolga il lungo sonno.
Stintino, 29.XII.1999
A Gigi
Alla ricerca di un nome da dare alla tua barca la mia scelta si fa parca: ma, ti dirò infine come.
Forse sarà per l’emozione perché è nuova di cantiere veloce, idonea alle crociere ampia, facile al timone.
Corre con motor potente verso i fondali di Pelosa, stupendi incontri a iosa brividi di gioia consente.
Portati la tua Annalisa e se giunti a destinazione ricadrete in tentazione vigilerà NONNA MARISA.
Stintino, 23.IV.2000
Io e Vanessa
Mi son comprato un gozzo in legno, costruito al principio dell’ottanta, dal mastro d’ascia Pilo con ingegno, che del nome di Vanessa si ammanta.
E’ all’ormeggio nel porto di Stintino. Se divento pratico di vela potrò seguire il mio destino e raggiungere la meta con fatica.
Quello che sopratutto mi importa è poter dire a Caronte: “T’ho fregato, non farò la tua ruota di scorta,
non dovrò pagare a te il pedaggio or che del mio traghetto son dotato e di negarti l’obolo avrò il coraggio.
Stintino, 25.V.2000.
Debutto ad Ajaccio
Trasportata via mare ad Ajaccio, alle regate in onore di Sant’Erasmo, Vanessa il 2 giugno ha rotto il ghiaccio partecipando col massimo entusiasmo.
C’eran con lei altri nove legni inviati da Stintino e Porto Torrese cui s’è unita per far tutti più degni il vecchio “MARIA”, d’Olbia gallurese.
In porto tra balli e cori reiterati gustando prodotti gastronomici son trascorsi tre giorni spensierati.
Le genti delle Isole sorelle se Sardi e Corsi fossero più amici vivrebbero a contatto con le stelle.
Cagliari, 13.VI.2000.
Primo giorno di regata
Ricordo il primo giorno di regata nel bel golfo di Ajaccio disputata. Uscendo dal porto all’undici ore si è arrestato subito il motore:
una cima sott’acqua, ben celata, sull’elica si è tanto aggrovigliata che a Jari è toccato di tuffarsi per poter continuar a cimentarsi.
C’era a bordo questa compagnia: io, Silvia e Paolo il timoniere, Fabio, Enzo, Stefi, Anna Maria,
Gabriele ed Andrea come prodiere. Abbiamo veleggiato in allegria ritirandoci dopo la MARIA.
Cagliari, 15.VI.2000.
Vela latina a Stintino
Ci son barche di epoche passate fatte di legno con l’albero e l’antenna che somigliano quasi ad una renna soprattutto se non sono armate.
Vele bianche che gonfie di vento orlan il confin dell’orizzonte, equipaggi che stando sul ponte mettono gran cuore nel cimento.
Se ne trovano in grande numero a Stintino, borgo vicino all’Asinara, che ad un futuro cementiero
dovrebbe sposar l’arte marinara, inserendo nello sviluppo intero questa peculiarità assai rara.
Cagliari, 16.VI.2000.
Serata di beneficienza
Dalla Croce Rossa organizzata la serata di beneficienza nel giardino della Presidenza alle nove di sera è cominciata.
La parte più alta della borghesia che sempre smania di farsi notare ed i suoi peccati far perdonare, ha preso parte con tanto bramosia.
C’erano signore vestite di lamé tardone ingioiellate e truccate che cercavan di imitare Exté.
I lor signori con l’abito scuro rivolgevano a loro certe occhiate sperando che gli ritornasse duro.
Cagliari 19.VI.2000.
Dover(e) di Dio
Ho immaginato che Domineiddio sia stato svegliato di buon’ora da chi sovrintende alla sua dimora ed informato del grave episodio.
A Dover cinquantotto clandestini in un container frigo trasportati tutti quanti son morti asfissiati; speravano di viver meglio, poverini.
“Riferite ai governi l’ordine mio, abolite nel mondo le catene i passaporti e i visti” disse Iddio.
“Favorite le emigrazioni delle genti, smettetela di viver come iene o manderò biblici accidenti”.
Cagliari, 21.VI.2000.
Io e lei
Mi unisce un legame di vetro alla donna che divenne mia moglie. Se ci penso, un umore più tetro, un’attesa angosciosa mi coglie.
Imponente, vanitosa, tiranna, ben nasconde un proprio difetto. Lei che di nome si chiama Giovanna come tigre mi nutre di affetto.
Al telefono per ore è un effluvio; fin dall’alba a se tutto avoca incalzandomi col passo dell’oca.
Ogni giorno da un tale diluvio, io desidero tenermi lontano. M’accorgo, invece, che cresco più sano.
Cagliari, 30.VI.2000.
1° luglio 2000
Voglio dedicarti questo sonetto piccola Elena, composto di getto per ricordare il giorno del battesimo che t’apre la via del cristianesimo.
Né mirra, né incenso e neppur oro ti porto in dono per tuo decoro, ma gli auguri più cari ti faccio di viver la vita senza impaccio.
Da te malattie sian lontane, sofferenze, dispiaceri, privazioni. Dai ascolto alle voci più arcane,
alle mille diversità di suoni. Il pensier dell’universo immane non confonda la testa, ma ti sproni.
Cagliari, 1.VII.2000.
Stato d’animo
A volte mi accade di sognare di starmene seduto in riva al mare. Mi sveglio, sto fermo ad aspettare che la voglia mi possa capitare.
Da tempo son seduto nella poltrona: tutt’intorno ciabatta la padrona. Nella mente dominando mi rintrona l’angoscia nefanda che non sprona.
Qualche suono fatto al pianoforte Con mani da incerto dilettante allontana il pensiero della morte.
Potessi sedermi in riva la mare aspettando il sole scintillante che si frange nelle acque sue chiare.
Cagliari, 05.VII.2000.
Riflessione
Volgendomi indietro al passato per cercar tracce primordiali della vita che Dio mi ha poi dato ne ritrovo piuttosto originali.
Sapevo far di conto con la mente e le mani lavorare l’argilla contavo i decimali celermente a guardia e ladri ero un’anguilla.
Persino i piaceri proibiti avevo avuto modo di provare i miei compagni restavan allibiti.
Ero amato da tutto il vicinato: il cielo sembrava di toccare. Ahime! Quel tempo se n’è andato.
Cagliari, 10.VII.2000.
Seguito
Allor dunque che cos’è capitato che profondamente abbia segnato alla soglia degli anni giovanili attributi e caratteri maschili?
Dal paese natale del Campidano fui portato in città, lontano, per cominciare gli studi superiori apprender conoscenze ulteriori.
I precetti inculcati dai parenti seguivo in tutte le mie azioni. “Sia onestà nei tuoi intenti”.
“Fuggi del peccar le condizioni”. “Dell’animo nascondi i turbamenti”. Crebbero d’allora le mie emozioni.
Cagliari, 10.VII.2000.
Maestralate
Da giorni soffia vento di maestrale che riporta il freddo qui a Stintino dalla lontana terra provenzale perché non trova ostacoli al cammino.
Discese son le punte di calura aria respirabile viene prodotta, sensibilmente la temperatura di ben dieci gradi s’è ridotta.
Refoli d’una fresca arietta increspano con ondine il mare dei budelli che cingono Stintino.
Gli ospiti di questo paesino che in spiaggia non possono andare sbandati, camminano di gran fretta.
Stintino, 13.VII.2000.
Stintino I^
Inizia dalla Nurra il cammino per un luogo baciato dal buon Dio. Ecco laggiù, davanti all’occhio mio in fondo nell’orizzonte c’è Stintino.
A questo suggestivo paesaggio racchiuso in un abbraccio del mare quale arrivando da sud appare, semplici versi dedico in omaggio.
La terra piatta o un po’ondulata soltanto nell’autunno coltivata, termina in una specie di sperone:
esso è chiamato Capo Falcone. Il borgo marinaro ha incastro tra le macchie perenni d’olivastro.
Cagliari, 19.07.2000.
Stintino II^
Non possono trascurarsi i dintorni per meglio definirne i contorni. Come i color del mare di Pelosa non c’è al mondo alcun’altra cosa.
Silenzio e spazio son le condizioni facilitanti umane relazioni: la perla è del golfo dell’Asinara la qualità della vita ha rara.
Quasi internamente sta l’abitato tra due strisce di mare collocato; in estate vien preso d’assalto
da vacanzieri che vengono a cercare ma non credo riescano a trovare- le preziosità poste in risalto.
Cagliari, 19.VII.2000.
Stintino III^
Il litorale fino a Stintino da Etzi MANNU all’ex TONNARA, è una falce dal color turchino che ha all’estremità Asinara.
La spiaggia non troppo profonda costituita da minuti sassolini mescolati a sabbie molto fini di ristagni d’acqua dolce abbonda.
Cresce raro qualche giglio di mare ma le vaste distese della salsola creano un contrasto di colore.
Vige silenzio per ventiquattrore. Si chiude per l’emozione la gola se escono la sera le lampare.
Cagliari 20.VII.2000.
L’una
La prima volta che l’ho incontrata stavo per trasformarmi in un ladro. In mente mi è subito saltata l’immagine di un celebre quadro,
con l’autoritratto del Botticelli. Minute e brevi le linee del viso ondulati e un po’ rossi i capelli mi parve angelo di Paradiso.
Da allora pur stando a lei vicino con rispetto per il suo temperamento non ho colto il felice momento.
Nonostante tanta acqua sia passata m’accorgo che non s’è cancellata la voglia di possedere quel bottino.
Cagliari 20.VII.2000.
L’altra
Un lontano giorno dell’ottantasei mentre lavoravo nella mia stanza venne a sedersi di fronte a me, lei. “T’amo” mi disse senza titubanza.
Mi colpirono i begli occhi celesti, il volto dai lineamenti marcati, la spontaneità dei suoi gesti, gli atteggiamenti non ricercati.
Confesso, restai molto lusingato e mai approfittai dell’occasione. Quel suo slancio m’ha tanto istigato
che dopo un po’ fui innamorato. Remore di antica educazione han spento un amore dichiarato.
Cagliari, 22.VII.2000.
Tra uomo e donna
Da qualche parte ho letto che tra un uomo e una donna, il massimo del diletto consiste nell’andare a letto.
L’amore che può nascere anche quello che è proibito, se prende nelle viscere, non deve essere inibito
per poterlo far crescere, se no, diventa finito. Ma talvolta l’amicizia
rimane come colonna: senza una impudicizia raggiunge la canizia
Cagliari, 23.VII.2000.
Anniversario
Ricorre il terzo anniversario della morte d’un amico siciliano che veniva a trascorrere l’estate proprio qui a Stintino: era bancario.
La sua chioma era fluente e bionda, media statura e taglia regolare, catena d’oro con croce al petto occhi verdi,fascino che inonda.
A ben vederlo dava l’impressione d’un signore normanno d’altri tempi: richiamava di certo l’attenzione.
Ma troppo presto un’avversa sorte lo ha portato via da questo luogo: che Iddio gli abbia aperto le porte.
Stintino, 27.VII.2000.
Incontro
Giovanni Maesano pittore ricerca uno stile come autore con tenacia e rigore razionali che si suole chiamare dei frattali.
Leonino nell’indole e nell’aspetto alla figura dà un taglio netto ponendo a base della sua pittura regole di matematica pura.
“Soltanto il mio modo di far arte consente elevazione culturale. gli altri son da mettere da parte.
Perciò la Sardegna indietro resta fatica ad uscir dal tradizionale”. Democraticamente lui contesta.
Stintino, 5.VII.2000.
In attesa
Da due mesi la barca sta in secca pare un insetto che muti la sua pelle; dimessi son l’albero e l’antenna poggia come sui trampoli per terra.
Si devono rinnovare i colori: bianca sarà una parte dello scafo colore blu, bordo e trincarino minio e stucco glielo hanno già dato.
Però lenti procedono i lavori, spero che non vi siano contrattempi per tornare in mare al più presto.
Lo scopo è di poter partecipare alla diciottesima regata in calendario dopo Ferragosto.
Stintino, 7.VIII.2000.
Stintino 2000:
XVIII^ Regata della vela latina. La regata della vela latina si svolge nelle acque di Stintino nella terza settimana di Agosto. Oltre cento barche fatte di legno,
gozzi, tartane, lance, guzzette veleggiano sospinte sol dal vento alla conquista di una delle coppe tra cui c’è il trofeo del Presidente.
La passione per il mare accresce la voglia di sana competizione. Vince chi ha una grande esperienza,
chi ha l’equipaggio più affiatato, pronto agli ordini del timoniere alle manovre con le vele bianche.
Stintino, 11.VIII.2000.
Il varo
Il diciassette agosto del duemila al calar del sole all’orizzonte Vanessa è ritornata in mare dopo due mesi che è rimasta a terra.
Ha completato la manutenzione, ha cambiato pelle: bianco, rosso, bleu, son i colori che la distinguono. Sollevata dalle braccia della grù
poggiata con cautela sul trattore di nuovo acchiappata dalla grù accrescendo stupore negli astanti
lo scafo è penetrato dentro l’acqua: un brindisi di ottimo spumante ha suggellato il rituale del varo.
Stintino, 18.VIII.2000.
8 settembre 2000
Oggi è venerdì otto settembre. Nel borgo marinaro di Stintino si festeggia la santa sua patrona chiamata Madonna della Difesa.
La mattinata è limpida, serena ma tira forte vento di levante, che rimuove il mare nel profondo: onde lunghe si infrangono sul molo
con un ribollir di festosi spruzzi. Pare che la natura voglia dare un segno di partecipazione.
Così l’uomo può ancora sperare di legare il cielo con la terra se l’ora di partir sente vicina.
Stintino, 8.IX. 2000.
La XVIII^ regata
Ho vissuto l’estate del duemila tra cento barche: le bianche vele dei partecipanti alle regate sono state a lungo dispiegate.
Il primo giorno a Sant’Andrea spiaggia deserta dell’Asinara. Ore di calura nella gara iniziale, forte ponente in quella finale.
C’ero anch’io con la mia Vanessa, Assieme, gli alunni del Nautico, Dino che faceva il timoniere,
con la ragazza dello stesso nome. M’è parso di abitare altro paese sospeso tra la terra e l’infinito.
Stintino, 8.IX.2000.
Una fotografia
Del mio Vanessa in navigazione nella prima regata di Stintino un fotografo d’alta professione ha scattato una foto da vicino.
L’immagine rappresenta un gozzo armato di vela latina e fiocco che spinto da un vento di ponente fende con andatura di bolina
il mare, al largo di Punta Negra. I ragazzi del nautico in maglietta riequilibrano l’assetto statico,
tesando le manovre da babordo. Tutto sembra stare in movimento sintonizzato sulla stessa onda.
Cagliari, 07.X.2000.
Saluto al 2001
Voglio io rivolgere questi versi di saluto all’anno duemilauno che bussa alle porte della Storia inaugurando il terzo millennio.
Tu anno che discendi dal buon Dio fai di tutto per allungare la vita di quelli che mi sono familiari; mantienili in ottima salute,
allontana da loro gli affanni; reca il dono della serenità durante la serie dei tuoi giorni;
facci comprender bene in mente che sei come l’attimo dell’Eterno, Signore del Tempo che viviamo.
Cagliari 30.12.2000.
Dal 1943 al 1986 Nel millenovecentoquarantatre anno in cui venivi al mondo tu, io frequentavo la terza elementare. Terminati i compiti di scuola
Me ne andavo a giocar coi compagni secondo il mutar delle stagioni o nella piazza davanti alla Chiesa oppure nei campi dietro casa mia.
C’erano nella cerchia dello stradone: Orlando, Saverio, Orfeo, Vincenzo Isabella, Anna Rita e Maria Luisa quest’ultime tre più grandicelle
venivano a giocar con noi maschietti tanto, ignoravamo la sessualità. Innocenti allora gli impulsi semplici ed istintive le reazioni.
Gli occhi assistevano con stupore al mutar dei propri lineamenti. Nessuno conosceva l’imbarazzo se giunti al fiume per un bagno
ignudi calavamo tutti in acqua, se ci appartavamo nel giardino per salire sull’albero di pere per giocare a nascondino o a maffé.
Qualche tempo dopo reincontrando i compagni di gioco compaesani, certi ricordi sono stati rievocati di quella nostra infanzia d’oro.
Non ricordo chi abbia arrossito. Più avanti nel tempo m’è accaduto di innamorarmi alla follia di te nata in quel lontano quarantatre.
Vorrei che uno spruzzo di rossore colorasse le guance del tuo viso se ti riaffioreranno nella mente alcuni cocci del ricordo di me.
Cagliari, XI.2000/29.I.2001.
Dal 1934 al 2001
Ho abitato case molto diverse situate nei luoghi più disparati: Uras, Sassari, Ascoli Piceno Foligno, Acqui, Bono ed Arborea.
Di esse ho un ricordo sbiadito sebbene significhino una svolta nel tratto già percorso della vita. Delle abitazioni ove ho vissuto il ricordo d’un particolare che rimasto sia dentro la memoria assieme a persone del mio passato, in luce cercherò di riportare.
La casa dell’infanzia era di fango fatta di mattoni cotti al sole secondo le usanze del Campidano. Il nonno ne era stato l’architetto.
Le stanze risultavano sfalsate generando tra di loro movimento. Sul soffitto della sala da pranzo di colorate carte decorato striscie fatte ed incollate a mano formavano geometriche figure.
Lo zio Bruno preparava nel salotto un geniale presepio per Natale venivano a vederlo animare. compagni di caccia di mio padre.
La guerra divampava in Europa, così come la Patria fu sconfitta anche la mia vita fu inficiata: ebbi una caduta di capelli la testa a lungo tempo martoriata.
Il giorno che fui portato in treno nella città natale della mamma, imparai cos’è soffrir di nostalgia. Casa della zia dava sul Corso nei pressi della porta Sant’Antonio.
Era meta di studenti rimandati bisognevoli di ripetizioni che gli zii impartivano con cura. Le stanze attorno al ballatoio univano le voci degli alunni: “rosae, rosarum, rosis, rosas, rosis” “Il volume della sfera quale è?” “E’ quattro terzi pi greco erre tre”
. Nella via delle Concie cinquantuno abitavo una casa con giardino costruita saldamente in cantoni di calcare senza una comodità dal prolifico padre di mia madre.
Quando si riunivano le sorelle le stanze si riempivano d’allegria ciascuna ricordando il bel tempo andato, prima di volar dal nido.
Del loro mondo senza alcun dubbio ho appreso tanti insegnamenti. Proseguendo con successi alterni la strada degli studi superiori ho cambiato due volte abitazione.
Erano case condotte in affitto in palazzine moderne situate, ma vi ho vissuto un breve tempo perché dovetti varcare il mare per fare il servizio militare.
Prima sostai ad Ascoli Piceno la tappa successiva fu Foligno. Lo Stato mi ospitò in casermoni suddivisi in lunghe camerate.
Un letto a castello ben allineato al termine dell’addestramento accoglieva il corpo affaticato sonno profondo, finché all’alba gracchiava la sveglia il giradisco.
Lunghe marce, parate in divisa grigioverde, guardia all’Arsenale, esercizi col pezzo da campagna per avere il grado di ufficiale.
Mi toccò per designazione Acqui antica cittadina di provincia. La stanza in affitto mobiliata della casa sulla via Moriondo a cavarmela da solo mi abituò.
Sveglia alle cinque di mattina raggiungere per tempo la caserma. Buona parte dell’estate al campo nelle campagne della val di Pesio: schierare l’obice centocinqueventidue fingendo di combatter un nemico.
Lontano dalla promessa fidanzata pensai di riaffermarmi da tenente e metter su casa in continente. Per fortuna appena congedato presi ad esercitare la professione nella scuola di avviamento agrario di Bono, grosso centro del Goceano.
Ero a pensione in casa del barbiere consigliere comunale di destra reduce di guerra, ex combattente, uomo di indiscutibile onestà. La stanza che era quella del salotto, piena di bambole, ninnoli e quadretti dava sullo stradone principale.
Gli alunni in vero erano pochi solo tre frequentavano la scuola rispetto ai numerosi iscritti al corso. Mentre qualche successo personale avevo ottenuto da sotto tenente la scuola, per contro, non mi spronò.
Grazie all’intervento del Preside presi lo stipendio anche d’estate. Senza tanti capitali mi sposai in quanto assunto giornaliero al servizio dell’Ente di Riforma.
Approdato nella verde Arborea di casa abitai alla diciannove. Occupavo, tre camere, cucina, bagno; intorno, un pezzo ad orto.
Quando i filari degli eucalipti frangevano i venti dominanti lo stormir di fronde era insistente. Muggivano le vacche nelle stalle, piene di latte al primo mattino.
Dai campi squadrati provenivano effluvi autunnali di letame. L’umido scendeva in goccioline nella notte sul bordo del lenzuolo.
Fu da allora che diventai sordastro con la seicento senza deflettore. Un maestro delle scuole elementari insegnante nel borgo di S’Ungroni, simpatico allievo di mia madre ci fece conoscer Piero e Rosanna.
Nacque allora la lunga amicizia che ancora oggi non si allenta: la cementano i nostri compleanni con le alterne date di nascita.
La moglie si era intanto laureata aveva cominciato ad insegnare. Il posto di lavoro era precario feci un concorso ministeriale arrivai a Cagliari trentenne ispettore agrario provinciale.
Qui si conclude l’iter descrittivo del ciclo della mia vita vissuta fino a questo inizio di millennio.
Mi auguro di poter ricominciare: per questo devo farmi riparare Altrimenti, vada come Dio vuole.
Cagliari 10-23 febbraio 2001.
Tempo di carnevale I°
Ogni anno a Carnevale mia moglie suol preparare due frittelle da mangiare in compagnia degli amici.
Voglio darne la ricetta. Si tratta di lavorare farina di grano duro cui va amalgamato latte buccia grattata d’arancia lievito, gocce d’anice.
Al termine di quattr’ore giusta la lievitazione in padella d’olio caldo in mani ben addestrate un po’ d’impasto si versa.
Altri piccoli impasti sul liquido fumigante si lasciano imbiondire rigirandoli col ferro. Si metton su carta straccia per riassorbirne l’olio.
Ecco pronte le frittelle: van mangiate riposate spolverate di zucchero con una goccia di moscato.
Cagliari, 23.II.2001.
Tempo di carnevale
II° Un’altro tipico piatto si mangia giovedì oppure martedì grasso secondo l’usanze tradizionali. in tutta la Sardegna a carnevale: è quello che si chiama la “favata”.
Si mette a bagno dalla notte prima circa un pungo di fave di buon cotto per ciascun dei futuri commensali. In pentola di grande dimensione piena d’acqua in giusta proporzione si fanno cuocere foglie di verza, cotiche di maiale con salsicce, fave con finocchietto selvatico lasciando bollire lentamente per un tempo non più lungo di due ore.
Si porta in tavola la favata in un rustico piatto di portata. Qualche fetta di pane casereccio s’imbeverà nel suo brodo ristretto prodotto dalle varie cose cotte.
E’ un cibo di sapore antico che opportunamente va servito con un bicchiere di vinello rosso.
Cagliari 24.II.2001.
Tempo di carnevale III° Sfilano nelle strade della città le maschere al suono dei tamburi precedendo carri allegorici Gettano coriandoli colorati in faccia ai passanti freddolosi accorsi al rumore di fanfare.
“E’ Carnevale ed ogni scherzo vale” Un tempo al veglione mascherato di una cittadina della Provincia nel fervore giovanile andavo.
Non essendo provetto ballerino le poche mascherine alle danze con scuse gentili rinunciavano, ma ci fu chi mi corteggiò, audace: mai ho saputo come si chiamasse.
Cagliari, 24.II.2001
In attesa dell’intervento Presto il dottore, da specialista, mi sottoporrà a restauro parziale. Mi viene in mente questo pensiero: “Il coraggio uno non se lo può dare” replica dentro una voce amica: “Ti proteggerà l’angelo custode”
Ritorna ahimé un pensier funesto: “Se dovesse accadermi qualcosa?” “Non stare a preoccuparti ancora affidati completamente a Dio il tempo di tirare il bilancio della tua vita per ora è rimandato” L’ultima risposta m’ha consolato.
Cagliari, 03.III.2001.
Madama la Vanessa
C’è chi sorride del nome VANESSA che porta il mio gozzo stintinese allusivo di amori giovanili e di quelli consumati a pagamento.
Nonostante l’impressione negativa che sorge a sentirne il nome la barca mostra classe e distinzione specie quando con le vele al vento solca l’acqua del Golfo d’Asinara.
Lo scafo che resta in immersione sembra faccia tutt’uno col bompresso; la sezione maestra un po’ stellata le conferisce grande sicurezza: Vanessa è una madama rispettosa.
Stintino, 04.VIII.2001.
Cantata per Eos
Delle cento barche con vela latina quella che di Eos porta il nome sta, anno dopo anno, conquistando un posto di prestigio e di leggenda.
Sarà perché riporta alla mente l’antico mito della dea Aurora, che, eternamente giovane, dicono abbia amato soprattutto Titano e ottenuto dal padre Giove per lui il bel dono dell’immortalità. Dimenticò però di chiedere anche quello dell’eterna giovinezza.
Quando l’estrema decrepitezza lo colse nell’età della vecchiaia, non potendo goder gioie d’amore fu cambiato per pietà in cicala. Similmente il gozzo sulcitano per le molte imprese marinare compiute nelle acque di Sardegna è il concubino del capitano, l’avventuroso Pier Luigi Cossu.
Stando insieme han partecipato alle regate di vela latina che si sono svolte nel duemilauno. Son partiti da Sant’Antioco risalendo la costa orientale, han sfidato i venti più diversi recandosi alle tappe via mare.
Di giorno percorrevano le miglia, fermandosi la notte nelle cale o al riparo nei porti dell’Ogliastra. Il debutto nel circuito T.N.T. è avvenuto a Porto Rotondo A sera armatore e equipaggio il secondo posto han festeggiato tra balli, canti e rivoli di vino.
Questa nota finale di baldoria è tipica del team del gozzo Eos, fatto di gente giovane ed esperta. Con le sfide durante le regate le tappe del circuito regionale da tale esuberanza giovanile hanno ottenuto maggior notorietà.
A Castel Sardo, Porto Torres, Stintino, Bosa, Cagliari e nel Sulcis per lungo tempo negli anni futuri si sentirà parlare dell’impresa degna di un vero lupo di mare: le mille miglia a vela latina di Eos, P.G. Cossu ed un mozzo: il cagnettino bastardotto Nemo.
Stintino, 24.IX.2001.
INDICE
Pag. 2 Presentazione 3 A zio Gino 4 Gigi 5 Io e Vanessa 6 Debutto ad Ajaccio 7 Primo giorno di regata 8 Vela latina a Stintino 9 Serata di beneficienza 10 Dover(e) di Dio 11 Io e Lei 12 1° luglio 2000 13 Stato d’animo 14 Riflessione 15 Seguito 16 Maestralate 17 Stintino I 18 Stintino II 19 Stintino III 20 L’una 21 L’altra 22 Tra uomo e donna 23 Anniversario 24 Incontro 25 In attesa 26 Stintino 2000: XVIII^ Regata della vela latina. 27 Il varo 28 8 settembre 2000 29 La XVIII regata 30 Una fotografia 31 Saluto al 2001 32 Dal 1943 al 1986 35 Dal 1934 al 2001 42 Tempo di carnevale I 44 Tempo di carnevale II 46 Tempo di carnevale III 47 In attesa dell’intervento 48 Madama la Vanessa 49 Cantata per Eos |