Scritti di Michele Caracciolo

Origine del nome S. Antioco

Antioco nacque nella Mesopotamia, provincia romana dell'Africa, che oggi forma il Marocco e parte dell'Algeria.

Il nome del padre è rimasto ignoto, si sa solo quello della madre che è Rosa. Egli ebbe un fratello maggiore chiamato Platano. Entrambi i fratelli furono educati cristianamente. Antioco divenne medico insigne,operando con l'aiuto della fede,guarigioni miracolose.

Riepiloghiamo brevemente la storia del suo martirio desunta da una scritto favoritoci dal già menzionato canonico Giuseppe Massa.

"Nell'anno 125 dell'era volgare. L'imperatore Adriano acerrimo nemico dei cristiani, trovandosi in Africa, fece venire alla sua presenza Antioco e lo redarguì acerbamente perché, come dottore, aveva preferito il culto di un uomo punito con la crocifissione, a quello degli dei, minacciandolo eziandio di orribili tormenti se tosto non si fosse convertito al paganesimo.

Ma le minacce lungi dal farlo intimidire gli fecero accrescere di più la fede cristiana, ed inutili furono i tormenti a cui venne sottoposto. Gli vennero dapprima abbruciacchiati in fianchi con ferri roventi; poscia messo in una caldaia in cui bollivano olio, pece e zolfo.

Antioco, fattosi il segno della croce, entrò in quelle infiammate materie serenamente, uscendone poscia, con generale stupore, illeso. Furibondo Adriano pensa di sfogare l'ira sua in modo diverso e gitta il santo uomo in un anfiteatro nel quale ruggivano leoni e leopardi, ma queste belve non osano neppure toccarlo.

Il feroce imperatore rimase allora sbigottito da tanto portento e fuggì con la sua corte, non senza aver dato ordine che fosse esiliato Antioco, il quale fu rinchiuso in fondo ad una navicella e lanciato in balia delle onde che deposero il fragile palischermo sulle spiagge sulcitane.

Il sant'uomo salito allora sulla sommità d'una collina vi trovò una spelonca ed in essa si rinchiuse, solo intento alla preghiera. Ma la fama dei suoi miracoli si faceva ognor più grande, le guarigioni che operava sui tanti malati che a lui accorrevano erano davvero prodigiose, ciò venne a sapere il pretore romano sedente in Cagliari e tosto spedì un gran numero di soldati per tradurre Antioco incatenato al suo cospetto.

Giunsero le guardie sul luogo e già si accingevano ad eseguire l'ordine ricevuto quando il santo uomo, rivolta al signore una fervida preghiera, s'involò dalla terra, rendendo la sua bell'anima a Dio. Ciò avvenne secondo una antica costante tradizione nel 13 novembre dell'anno 127 dell'era volgare".

Il corpo di lui fu scoperto nel sotterraneo nel 1615 in atto genuflesso e con gli occhi rivolti al cielo, presso un piccolo altare ora interdetto. Le sacre reliquie per timore dei Saraceni che allora infestavano queste terre furono date in custodia al Capitolo di Iglesias dall'arcivescovo di Cagliari Don Francesco d'Esquivelles, ma pei torbidi popolari avvenuti nel 1851 dovettero essere restituite a questa chiesa parrocchiale, eretta dalla pietà dei fedeli, dove religiosamente si conservano.

Il vecchio orologio

Per l'assegnazione di un posto al pubblico orologio vi furono ire terribili che durarono per circa dieci anni. Esso venne da Genova e la popolazione ne fu lieta ma rimase chiuso in una cassa per tutto quel tempo e quando le ire si acquietarono e si decise del posto ove collocarlo cioè sull'attuale bel campanile allora non eretto, esso fu buttato tra i ferrivecchi e fu necessario comprare una nuova macchina. Diamo posto al lamento del vecchio orologio, così miseramente finito.

Ahi! che tanta e sì bella mia gioia,
non durò che per qualche sol giorno.
Le discordie dal buio soggiorno
presto intesi furenti scoppiar!
Chi mi volle su altissima torre,
chi sui monti, chi in piazza maggiore,
chi sul Forte, chi in piazza minore,
altri ancor sulla riva del mar.
Fuvvi un sol, che per fermo volere,
m'innalzò, con pensiero gentile,
un pilastro sottile sottile,
che la bile di parte atterrò.
E per grande castigo di Dio,
son due lustri che vago ramingo,
chiuso in cassa, reietto, solingo,
piango all'onta che in me si versò!


*****

Da "Il villaggio di Sant'Antioco"

Ma quanto a cortesie,se ne vuoi,
ne avrai tre carri pieni, arando dritto,
badando solo a fare i fatti tuoi.
Se in altro modo agisci, addio sei fritto.
Ti acciuffa allor l'infame maldicenza,
che, qual'immondo serpe, tra le spire
T' avvinghia e senza tregua, nè clemenza,
del tuo degno oprar ti fa pentire.
E donne ,eccetto molte assai prudenti,
non mancan, no, che all'ombra,
più di un guaio ordiscono,
con lingue ben taglienti.
Sventura cade allor su Tizio e Caio.
Che fare? Questo è vizio maledetto,
che, dacchè mondo è mondo, insino a noi,
le donne han quasi tutte, e non è detto che
sia scemato alquanto, d'Eva in poi.
Ma per compenso, e voglio dirlo chiaro:
graziose son le smilze signorine,
dotate di uno spirito assai raro
nonché le paffute contadine.
Vi prego, donne care, quante siete,
di non scagliarmi addosso bucce od altro,
se, ben lodar non seppi, ciò che avete,
chè questo è proprio affar da uomo scaltro.

Sfogliai il dizionario della crusca,
per dir di voi quel tanto che è nel vero.
Se ho fatto forse un po' la voce brusca
un bricciol di perdono invoco e spero.
Per quegli occhietti neri, così vaghi,
così vivi nel vostro viso bello,
deh, fate che il desìo ben si appaghi
di chi vi ha sempre amato, da fratello!
Ed or. che pongo fine a questo cenno,
sul gran villaggio ameno ed ospitale,
scombiccherato in fretta e senza senno,
tacer no posso un voto assai leale.
Che il ciel conservi a tutti l'allegria,
con essa l'appetito ed ogni entrata,
e lungi tenga l'atra gelosia
per non turbar la vita qui beata.
Ed in mezzo all'agiatezza ed alla gioia,
scolpitevi nel cor il nostro asilo,
né aprire il borsellin vi torni a noia,
se no, della sua vita è tronco il filo.
Sì, spero che più lieto il dì risplenda
su questa terra bella e pur felice,
e che nel mondo il grido mio si estenda:
trovata è alfine l'araba fenice.

   

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