Consolazione di Gabriele D'Annunzio

Da un angolo della mia memoria ormai confusa

"...lei sempre lei mi parla al cor,
una tale vision mi resta...
mi fa tanto male, ahimè...
".


Non pianger più. Torna il diletto figlio a la tua casa.
È stanco di mentire. Vieni, usciamo. Tempo è di rifiorire. Troppo sei bianca: il volto è quasi un giglio.

Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato serba ancóra per noi qualche sentiero. Ti dirò come sia dolce il mistero che vela certe cose del passato.

Ancóra qualche rosa è ne' rosai, ancóra qualche timida erba odora. Ne l'abbandono il caro luogo ancóra sorriderà, se tu sorriderai.

Ti dirò come sia dolce il sorriso di certe cose che l'oblìo afflisse. Che proveresti tu se ti fiorisse la terra sotto i piedi, all'improvviso?

Tanto accadrà, ben che non sia d'aprile. Usciamo. Non coprirti il capo. È un lento sol di settembre, e ancor non vedo argento su 'l tuo capo, e la riga è ancor sottile.

Perché ti neghi con lo sguardo stanco? La madre fa quel che il buon figlio vuole. Bisogna che tu prenda un po' di sole, un po' di sole su quel viso bianco.

Bisogna che tu sia forte; bisogna che tu non pensi a le cattive cose... Se noi andiamo verso quelle orse, io parlo piano, l'anima tua sogna.

Sogna, sogna, mia cara anima! Tutto, tutto sarà come al tempo lontano. Io metterò ne la tua pura mano tutto il mio cuore. Nulla è ancor distrutto.

Sogna, sogna! Io vivrò de la tua vita. In una vita semplice e profonda io rivivrò. La lieve ostia che monda io la riceverò da le tue dita. Sogna, ché il tempo di sognare è giunto. lo parlo. Di': l'anima tua m'intende? Vedi? Ne l'aria fluttua e s'accende quasi il fantasma d'un april defunto.

Settembre (di': l'anima tua m'ascolta?) ha ne l'odore suo, nel suo pallore, non so, quasi l'odore ed il pallore di qualche primavera dissepolta.

Sogniamo, poi ch'è tempo di sognare. Sorridiamo. E la nostra primavera, questa. A casa, più tardi, verso sera, vo' riaprire il cembalo e sonare

Quanto ha dormito, il cembalo! Mancava, allora, qualche corda; qualche corda ancóra manca. E l'ebano ricorda le lunghe dita ceree de l'ava.

Mentre che fra le tende scolorate vagherà qualche odore delicato, (m'odi tu?) qualche cosa come un fiato debole di viole un po' passate,

sonerò qualche vecchia aria di danza, assai vecchia, assai nobile, anche un poco triste; e il suon sarà velato, fioco, quasi venisse da quell'altra stanza.

Poi per te sola io vo' comporre un canto che ti raccolga come in una cuna, sopra un antico metro, ma con una grazia che sia vaga e negletta alquanto.

Tutto sarà come al tempo lontano. L'anima sarà semplice com'era; e a te verrà, quando vorrai, leggera come vien l'acqua al cavo de la mano

   

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